Quali sono i problemi che si hanno nella gestione informatica di una grande struttura pubblica come la Presidenza del Consiglio dei Ministri e qual è il ruolo e il contributo dell’informatica nello sviluppo del Paese Italia? Lo abbiamo chiesto a Salvatore Tucci, direttore dell'Ufficio per l'Informatica e la Telematica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Tucci è anche Professore Ordinario di Sistemi per l’elaborazione dell’Informazione presso l’Università di Roma Tor Vergata.

Può descrivere la vostra struttura sia dal punto di vista dell’organizzazione sia da quello informatico?

L’Ufficio Informatica e Telematica (Uit) da qualche anno fa parte del Dipartimento per le Risorse Umane e i Servizi Informatici (Drusi) e provvede  all’analisi funzionale, progettazione e gestione dei sistemi informativi e di telecomunicazione; all’approvvigionamento di beni e servizi di natura informatica e di Tlc; e all’assistenza agli utenti (customer care).
Tale collocazione è un po’ riduttiva rispetto a quanto stabilito dal Codice per l’Amministrazione Digitale, dove all’art. 17 si prevede la presenza, per ciascuna Amministrazione, di un centro di competenza con il ruolo di braccio strategico per chi introduce l’innovazione all’interno dell’Amministrazione stessa.

L’informatica non può essere confinata sullo stesso piano dei servizi ma, per poter compiutamente diventare fattore abilitante di innovazione, deve essere posta a un livello più alto nella struttura organizzativa.

Non si fa innovazione tecnologica contando il numero di personal computer o misurando il traffico di Internet, ma si fa davvero quando si ha la possibilità di incidere sul riordino dei processi; solo la collocazione accanto a chi governa la macchina amministrativa consente di raggiungere i risultati attesi.

Quindi Lei crede che l’informatica sia un fattore abilitante e non un semplice servizio?

Sì, tanto più quando si è in un posto come la Presidenza del Consiglio dei Ministri dove si trattano informazioni: il core business del Governo è la gestione delle informazioni, si amministra conoscenza.

Ci si accontenta spesso di gestire dati in modo tabellare quando, il più delle volte, sarebbero necessari strumenti di knowledge management, di information extraction, per essere in grado, partendo dai repository presenti di porre le basi per un vero Governo Digitale.

Una delle difficoltà maggiori, mi sembra di capire, è la mancanza di un forte commitment, una spinta consistente per far diventare l’informatica un driver dei progetti di innovazione? Forse ciò deriva anche dalla particolare natura “dell’azienda” Governo che è soggetta a frequenti cambiamenti?

Il Cnipa (Centro Nazionale per l’Informatica nella Pubblica Amministrazione) sta facendo un lavoro considerevole ottenendo risultati importanti, dettando regole fondamentali per tutta la Pubblica amministrazione. Il sistema informativo della Presidenza del Consiglio ha una missione un po’ diversa, infatti il Governo ha bisogno di avere sotto mano un “cruscotto digitale” con gli indicatori del Sistema Paese. Molte strutture presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri svolgono un ruolo di coordinamento tra le attività svolte dai vari Ministeri e dalle Pa locali. Stiamo realizzando, con un filo logico unitario, strumenti che porteranno alla realizzazione del cruscotto.

In Italia vi è ancora la diffusa abitudine di interpretare i fenomeni con l’occhio critico e con la sensibilità politica. Oggi non si può pensare di governare un Paese moderno senza avere il supporto di strumenti di indagine di tipo informatico, dove l’oggetto di elaborazione è la conoscenza, ovvero un insieme di informazioni che interpretate correttamente diventano significative e indicano la direzione da seguire.

L’Estonia è all’avanguardia per quanto riguarda l’innovazione tecnologica, addirittura il Consiglio dei Ministri (CDM) avviene online e il comune cittadino ha la possibilità di interagire in tempo reale. Pensa che questo sia il futuro?

Tecnologicamente non ci sono molte difficoltà, è solo un problema di organizzazione. Credo che sia bene per ora che il Consiglio dei Ministri si tenga a porte chiuse, spesso si prendono decisioni che hanno bisogno dell’immediatezza degli effetti. Ma siamo sicuri che questa sia la via dell’innovazione tecnologica?

Penso, insomma, che dobbiamo ancora aspettare un po’ prima che il cittadino italiano sia pronto per la e-democracy, un dibattito e un confronto anche culturale su questi temi ancora deve essere approfondito.

Forse l’interazione diretta tra Governo e cittadini è ancora un’utopia, però in termini di trasparenza sarebbe per esempio importante poter assistere a un CDM in tempo reale?

Ciò in parte già esiste. Sul sito del Governo è infatti possibile scaricare l’elenco dei provvedimenti deliberati nel corso di ogni seduta del Consiglio dei Ministri. Tali informazioni non sono in tempo reale, ma vengono rese disponibili in differita con un piccolo delay. Esiste peròla “diretta con le Camere” che permette a ogni cittadino di seguire i dibattiti parlamentari. Per ora, quindi, è prevista l’informazione ma non la partecipazione.  

Qual è stata la leva che ha spinto il vostro ufficio all’adozione dell’open source?

Nel nostro Paese si sta perdendo di vista la consapevolezza che la tecnologia di sviluppo del software è una tecnologia strategica. Non è possibile delegare la progettazione e lo sviluppo del software all’esterno, ciò rappresenta un errore, non investire nel software vuol dire non investire nel modo di pensare, non investire nel modo di essere.
Quando sono arrivato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ho potuto contare su un team molto qualificato e dotato di grandi capacità tecniche e di analisi, con cui ho avviato l’attività di progettazione e, inizialmente, di sviluppo dei sistemi usando tecnologie moderne, implementando piccoli prototipi e poi selezionando sul mercato gli implementatori.

Qual è stato il primo progetto realizzato?

Nel 2000 abbiamo cominciato l’attività di progettazione del Protocollo Informatico, realizzando un prototipo che già includeva molte delle specifiche che poi sono diventate “norme Aipa” (Autorità per l'Informatica nella Pubblica Amministrazione) in seguito abbiamo commissionato all’esterno nel 2001 il prodotto che oggi è in esercizio in tutta la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Il passo successivo importante è stato l’adozione di piattaforme open source per lo sviluppo dei nostri applicativi. Il primo sistema realizzato è stato il Sistema Acquisizione Beni e Servizi (Sabs).

In un’organizzazione gerarchizzata come la Presidenza del Consiglio dei Ministri gestire la mole di richieste di interventi manutentivi, di approvvigionamento, è un problema quando i tempi in gioco sono ridotti e quando ogni azione deve essere autorizzata dal responsabile apicale. L’intuizione è stata quella di risolvere il problema implementando un sistema di troubleticketing operante via Web: gli utenti inseriscono una richiesta che, vidimata dal loro responsabile, consente di innescare un workflow che coinvolge gli attori giusti nel momento in cui è necessario. Oggi riceviamo 150 richieste al giorno per interventi che al 60-70% debbono essere conclusi nel giro di pochi minuti. La messa a regime di questo sistema consente, da un lato, maggiore trasparenza organizzativa e, dall’altro, di semplificare l’organizzazione del lavoro rendendo disponibili più unità per gli aspetti progettuali.

Ciò è alla base del concetto di riuso, così facendo l’informatica dà valore aggiunto alle organizzazioni?

Per quanto riguarda il riuso, il progetto Sabs rappresenta un caso di successo: è stato tra l’altro dato al Mozambico nel quadro del progetto “e-government per lo sviluppo”, e fornito alla Regione Campania e al Comune di Firenze.
Questo progetto, insieme al protocollo, alle funzionalità della intranet e agli altri componenti realizzati, costituiscono l’embrione della scrivania virtuale.

Mancano due passi importanti ai quali stiamo lavorando. Il primo tecnologico: diffondere l’uso di una firma digitale più agile di quella di cui disponiamo ora; il secondo organizzativo: divulgare le pratiche di uso dell’informatica in modo più consapevole ed efficace tra i responsabili apicali delle strutture.

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Salvatore Tucci  laureato in Fisica presso l'Università degli studi di Pisa è Professore Ordinario di 'Sistemi di Elaborazione dell'Informazione' presso la Facoltà di Ingegneria dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata. Attualmente è fuori ruolo quale Direttore dell'Ufficio per l'Informatica e la Telematica della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nel 2000 è stato insignito dell'onorificenza di Grande Ufficiale della Repubblica Italiana.

È Presidente dell’  Associazione Italiana Esperti Infrastrutture Critiche – AIIC

 

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