“Se il 70% della spesa ICT viene utilizzata per la  “manutenzione” del sistema informativo, dove possiamo trovare le risorse per l’innovazione?”

Lotto fa il suo esordio tra le aziende produttrici di calzature sportive nel 1973. Le scarpe da tennis segnano l’inizio della produzione, a cui si aggiunge quella di modelli da basket, pallavolo, atletica, calcio e in seguito l’abbigliamento sportivo. Durante i primi 10 anni, Lotto si concentra sul mercato italiano, diventando uno dei marchi di riferimento del settore. Neglianni ’80 inizia la realizzazione dei primi modelli di scarpe da calcio e iniziano le grandi collaborazioni con atleti e squadre di importanza internazionale. Negli stessi anni, comincia la distribuzione nei mercati esteri. La crescita a livello internazionale procede velocemente e, nel giro di un decennio, il marchio viene distribuito in oltre 60 Paesi in tutto il mondo. Nel Giugno del 1999 l’Azienda viene rilevata da un gruppo di imprenditori veneti già  attivissimi nel settore dello sport, con a capo Andrea Tomat che assume il ruolo di Presidente e Direttore Generale della nuova Società , ribattezzata Lotto Sport Italia S.p.A. A Claudio Pieri – CIO di Lotto abbiamo posto alcune domande:

Quale è il contesto IT di Lotto e quali sono i progetti IT realizzati che hanno avuto un grande impatto negli ultimi anni?

Lotto Sport Italia è presente in oltre 80 paesi nel mondo. Ne consegue che lo sviluppo IT degli ultimi anni ha dovuto tenere conto di questa configurazione. Da alcuni anni Lotto ha cercato di centralizzare il più possibile i sistemi con un triplice scopo: semplificare, aumentare la flessibilità di erogazione delle informazioni, diminuire i costi. Tutto questo si è realizzato utilizzando tecnologie di virtualizzazione (Citrix, VMware) ed  utilizzando oltre ai tradizionali pc anche device mobili come  blackberry e palmari.

Quali saranno invece le nuove implementazioni?

Lo specifico settore mercelogico, molto legato alle tematiche della moda, impone tempi sempre più stretti di time-to-market. Fino a qualche anno fa le aziende erano legate prevalentemente alla stagionalità che normalmente si rifletteva in due macro stagioni (primavera/estate e autunno/inverno). Questi due momenti davano il clock ai tempi aziendali peraltro già abbastanza compressi. Oggi i modelli di business adottati tengono conto sempre meno della stagionalità e diventa pertanto fondamentale essere sempre pronti ad innovare il prodotto e portarlo sul mercato. Questo comporta, anche per l’ICT, modelli nuovi di approccio al problema. In particolare il nostro compito è di potenziare la possibilità di condividere informazioni da qualsiasi parte del mondo con qualsiasi nostro collaboratore, da designer, ai progettisti, ai produttori. Internet, il Web e tutto ciò che porta alla standardizzazione degli strumenti impiegati, diventano indispensabili per raggiungere questo obiettivo. Pertanto l’ICT continuerà ad investire su questo fronte anche nei prossimi anni.

L’ICT è una potente leva per la creazione di valore, quali sono i legami con il mondo del manufacturing?

Il modello consolidato che Lotto Sport Italia ha introdotto parecchi anni fa quando la parola “delocalizzazione” non faceva ancora parte del linguaggio comune, prevede un’organizzazione a tre livelli. Il primo livello compete a Lotto Sport Italia la quale progetta i prodotti, li fa produrre all’estero ovviamente seguendo tutto l’iter dalla scelta dei produttori, esegue il controllo qualità sia presso il produttore che all’arrivo presso i nostri magazzini. Governa, in altre parole, tutto il processo della supply chain. Il secondo livello è dato dalle nostre società di “trading” che abbiamo localizzato nel Far East ed in Cina. Queste hanno il compito di relazionarsi con  noi e i ns. produttori seguendo la supply chain dell’ordine al fornitore in tutte le sue fasi. Il terzo livello è dato dai produttori con i quali operiamo. Questi si interfacciano prevalentemente con le nostre trading le quali eseguono tutti i controlli previsti presso il fornitore. Questo modello è molto funzionale ed elastico in quanto, mantenendo inalterati i primi due livelli, ci permette di ottenere la massima flessibilità sul terzo livello. Questo ci consente, al bisogno, di cambiare produttori in tempi rapidi senza avere impatto sull’organizzazione. Tutto questo si realizza ovviamente solo e soltanto con adeguati supporti informatici.

Quali sono le leve strategiche utilizzate dal CIO per governare la complessità informatica ?

La risposta potrebbe sembrare ovvia ma non lo è: la semplicità! La tecnologia negli ultimi vent’anni, prima con l’introduzione del personal computer e poi con internet, ha dato una svolta radicale all’informatica per le aziende, ma ha pagato e ancora paga lo scotto della complessità. Spesso, per fare cose anche semplici, è necessario uno “strato” di hardware e software talmente numeroso e complesso che viene da chiedersi che  senso abbia tutto questo. Certo, non si può semplificare tutto, ma si può percorrere la strada della razionalizzazione. Noi abbiamo deciso che nessun nostro presidio estero, sia esso commerciale che produttivo, deve essere presieduto da personale informatico. Questo significa che qualsiasi cosa si guasti in periferia la sede deve essere informata in automatico e provvedere, fino a dove questo è consentito, al ripristino del servizio da remoto. In certi casi serve l’intervento umano sul posto e per questo abbiamo stretto accordi con società locali per avere supporto in casi estremi. Devo dire che questa scelta finora ha pagato e ha permesso di contenere i costi.

Qual è il nuovo ruolo del CIO, innovatore o conservatore?

Innovatore o conservatore, a mio modo di vedere, non sono in contrapposizione. Non si deve cadere nella trappola, spesso proposta dai produttori di informatica, che le novità tecnologiche aiutano il business. Molte volte sono specchietti per le allodole e non portano i risultati sperati. D’altra parte essere conservatori pensando che il mondo non sia cambiato lo ritengo estremamente negativo. Credo che valga sempre la sana regola dei “costi e benefici” anche se alle volte bisogna rischiare in quanto non sempre si è in grado di “monetizzare” il ritorno di un investimento ICT; in questa fase il CIO può e deve dare il suo contributo.

Quale sarà il ruolo giocato dal CIO nella partita dell’Enterprise 2.0?Cosa cambierà?

Il fenomeno dell’Enterprise 2.0 porterà radicali cambiamenti di approccio all’informatica aziendale. Il focus si sposterà dalla raccolta di informazioni, che oggi avviene attraverso applicazioni transazionali spesso monolitiche, alla raccolta e condivisione di idee  che scateneranno flussi informativi. Questo comporterà nei prossimi anni un’offerta di mercato diversa e il CIO dovrà tenere conto che siamo di fronte ad un cambiamento “radicale” che questa volta non è guidato, a mio avviso, dalla tecnologia, come lo è stato per il  pc e internet, ma da un modo diverso di fare business utilizzando teconologie già presenti e standard de facto. Credo quindi che saremo di fronte ad un’altra crisi di identità da parte dei CIO che sempre di più sono chiamati ad essere uomini di business e sempre meno “byte man”!

Dal suo punto di osservazione privilegiato quale pensa sia il futuro dell’IT e quali i trend tecnologici più interessanti per l’innovazione di business ?

Quanto stiamo perseguendo in Lotto Sport Italia  credo che interpreti l’esigenza, un po’ più in generale, di tutte le aziende. La crisi economica, l’incertezza dei mercati, l’impossibilità di fare piani di lungo periodo impongo scelte rapide e che devono ripagarsi in tempi brevi. L’informatica non può non tenere conto di questi mutati contesti. Credo che la forzatura di certe soluzioni informatiche e il loro relativo insuccesso di questi ultimi due tre anni devono fare capire ai produttori di informatica che non è vero che le aziende non vogliono investire in ICT. Lo vogliono fare eccome ma solo se il risultato porta dei benefici al business. Quindi cambiare semplicemente perché c’è una nuova tecnologia oggi non è più accettabile. Propongo a tutti gli addetti ai lavori, produttori di software, di hardware e a noi, consumatori di informatica, una seria riflessione mettendoci attorno ad un tavolo “virtuale” su questi temi. Se pensiamo che tra il 70 e 80% della spesa ICT viene utilizzata per la “manutenzione” ovvero mantenere in piedi il sistema informativo, dove possiamo trovare le risorse per l’innovazione? Dobbiamo decisamente ridurre questa percentuale e lo si fa, ancora una volta attraverso la semplificazione architetturale, la stabilità dei prodotti e la loro standardizzazione.

 

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Claudio Pieri – Il mio percorso professionale inizia, dopo gli studi, circa 30 anni fa .La mia esperienza nasce dapprima ricoprendo ruoli tecnici e rapidamente, a seguire, ruoli  funzionali e di capo progetto fino ad arrivare alla Direzione Sistemi Informativi di primarie aziende del settore moda, metalmeccanico, finanziario e dell’articolo sportivo. Da 18 anni sono CIO di Lotto Sport Italia spa.

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